"Gli Evangelisti"

 

CARATTERI GENERALI

“GLI EVENGELISTI “ : quattro ovali delle dimensioni 167x120cm, circa, in legno multistrato da 16mm, appositamente pretrattati per l’uso dei colori acrilici utilizzati dall’autore. Andranno ad occupare gli spazi vuoti del transetto della Cattedrale di Tursi, e raffigurano i quattro evangelisti.
Rappresentano l’ultimo ciclo di opere originali dell’artista Vincenzo D’ACUNZO.
Le quattro tavole ritraggono S. Marco, S. Matteo, S. Luca e S. Giovanni intenti a scrivere i Vangeli; non a caso è costante, sebbene in forma diversa, la rappresentazione dell’ispirazione divina come fascio di luce che irradia l’atto della scrittura.
Nell’ideazione dei soggetti l’autore ha cercato di mantenere alcune caratteristiche care all’iconografia classica, per non rompere la continuità delle opere della Cattedrale (vedi i drappeggi), ma nello stesso tempo di rivisitare la tradizione con soluzioni originali. E’ il caso, ad esempio, dei simboli degli evangelisti (l’angelo per Matteo, il bue alato per Luca, l’aquila per Giovanni, il leone alato per Marco) che non vengono eseguiti più come meri elementi allegorici, ma divengono parte integrante della rappresentazione (Matteo e Giovanni) o si trasformano in componenti scultorei (Marco in pietra, Luca in legno).
Dal punto di vista tematico si è cercato di ritrarre, da varie angolature, il  continuum del tempo e dei suoi effetti: ogni opera ha infatti un suo modo peculiare di rappresentare metaforicamente, all’interno della stessa raffigurazione, l’eterno dualismo tra un prima e un dopo,  tra il presente e il futuro, tra il vecchio e il nuovo, ricorrendo anche a particolari espedienti tecnici (a partire dall’uso molto personale dei colori, delle inquadrature, dei tagli di luce) che hanno permesso di enfatizzare questo concetto.

"...[V. D'ACUNZO, ndr] Si colloca stabilmente e con ampio merito tra i maggiori rappresentanti contemporanei dell'arte (sacra) non soltanto in Basilicata, oltre che geniale ritrattista di elevate qualità..."
(Dal quotidiano "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO", domenica 28 dicembre 2008, pag.12 della sez. LA GAZZETTA DELLA BASILICATA - "Gli Evangelisti sulle ferite dell'incendio", di S. Verde)

"... Realizzate da V. D'ACUNZO, talentuoso artista lucano di consolidata fama, le sacre immagini sono di acuta bellezza ritrattistica e seducente figuratività compositiva e cromatica..."
(Dalla rivista online "Tursitani", articolo del 26 dicembre del 2008 a cura di S. Verde)

"... I colori dei quadri sono il risultato di una lunga sperimentazione cromatica"
(Dal quotidiano "il Quotidiano", lunedì 5 gennaio 2009, pag. 21 - "I quattro Evangelisti in Cattedrale", di S. Martire)
 

SAN MARCO EVANGELISTA

L’opera raffigura San Marco seduto su di una sorta di trono sulla cui sommità è raffigurato, in bassorilievo, il Leone alato ( simbolo del santo) , entrambi in pietra,  quasi a eguagliare, in stile e portamento, trono ed effigi delle famiglie nobiliari.
Il trono è addossato al muro di un’abitazione spoglia di stampo classico, a sottolineare da un lato l’integrità morale dell’Evangelista, dall’altro la sua importanza per la Chiesa. Di fianco vi è un’arcata che dà sull’esterno e che mostra una Venezia molto concettualizzata; da essa entra un fascio di luce che illumina la mano intenta a scrivere il Vangelo. Sebbene l’evangelista abbia vissuto in un periodo storico incompatibile con l’immagine moderna della città, il controsenso è solo apparente: sono in realtà strettamente interconnessi; il capoluogo veneto ne conserva i resti, ne ha assunto il simbolo e lo ha eletto patrono. E’ così reso esplicito il tentativo di ritrarre il continuum temporale del prima e del dopo, di cui si è detto nei caratteri generali. Il collegamento tra passato e presente viene garantito dalla presenza di un gondoliere, autentico traghettatore ( di anime?), che sembra aspettare il santo per trasportarlo, tramite una sorta di viaggio nel tempo, nella città che lo custodisce con tanta cura.
Di notevole spessore tecnico è la colorazione utilizzata nel dipingere la veste, percepita, a primo impatto, di un’unica tonalità, eppure diviene ocra chiaro nella porzione superiore; giallo-ocra, arancio, blu via via che si considerano le zone più distali, a seconda del grado di illuminazione/buio a cui è sottoposta.

"...tutto è immerso ed esaltato dalla compostezza della tunica e del mantello(rosso), dal movimento e dalle onde della veste, che richiama il celebre “ginocchio” del Mosè di Michelangelo, in felice, armonica policromia"
(dal commento di Antonio Rondinelli)
 

SAN LUCA EVANGELISTA

San Luca è raffigurato nel suo studio, concentrato sulla scrittura del Vangelo; in basso si nota la presenza di una figura lignea che adorna la piccola scrivania raffigurante un bue alato (il suo simbolo), mentre nella porzione superiore è presente un arco colorato in cui si possono apprezzare il quadro raffigurante una moderna Madonna, ancora abbozzata, nella dinamica del completamento e un tavolo contenente alcuni strumenti usati dai pittori contemporanei.
La tradizione cattolica parla di Luca come di un uomo colto, pittore e medico, non a caso è il protettore dei pittori. A Bologna è conservata una tavola a lui attribuita che raffigura la Madonna ed il bambino considerata come una delle prime espressioni dell’arte iconografica della Chiesa Cristiana in generale. In questo ovale l’opera attribuita a S Luca è stata fedelmente riprodotta sul cavalletto alle spalle del santo.
Il divario temporale e stilistico tra la madonna di San Luca e l’arco superiore è netto. L’autore ci accompagna in una sorta di spaccato della evoluzione stilistica (la cura con cui sono disegnati i pennelli nel bicchiere ed il barattolo del diluente alla nitro  non fa che rimarcare il senso dell’evoluzione tecnica) dell’iconografia religiosa,  mostrandoci sotto un’altra ottica, forse quella a lui più cara, il leitmotiv ripetuto nelle quattro opere del prima e del dopo.
 
Lo spaccato della evoluzione è strumentale a mettere in evidenza il contrasto tra la potenza trasformatrice del tempo sulle cose, a cui anche l’arte deve sottostare e la fermezza coerente del messaggio evangelico.
La luce che illumina la mano è in questo caso una luce meno diretta più diffusa, quasi catartica, che sembra provenire dal muro, ottenuta da una magistrale graduazione del colore. Il verde dello sfondo sembra “cangiante”a ogni centimetro, risultato di una lunga sperimentazione cromatica dell’autore.

"...L’osservazione di questo dipinto offre una sensazione di tranquilla concentrazione e di pacatezza, pur nel continuo correre dell’occhio dal soggetto centrale alle due diverse, contrastanti(cronologicamente) icone dello sfondo"
(dal commento di Antonio Rondinelli)
 

SAN MATTEO EVANGELISTA

La tavola ci mostra un Matteo vecchio che scrive il suo Vangelo, mentre un etereo angelo (il suo simbolo) lo guarda  con compassionevole dolcezza materna.  L’immaterialità dell’angelo contrasta con la forte materialità dell’evangelista.
Matteo era uno degli apostoli di Gesù, che prima di seguirlo svolgeva il mestiere di “gabelliere” per conto dell’Impero Romano (una sorta di esattore delle tasse). Per questo certamente non era amato dalla gente.
Alle sue spalle lo squarcio del buio fa posto alla verità, luce ispiratrice che fuoriesce alle spalle dell’angelo. La mano destra che scrive il Vangelo è da questa luce  illuminata, mentre la sinistra rimasta nell’ombra continua a contare le monete (non antiche, ma moderni euro, a dare una sorta di “atemporalità” e quindi universalità alla scena). L’autore sembra dirci che nonostante gli sforzi il nuovo fatica a soppiantare  completamente il vecchio.
La mano che continua a essere invischiata nelle cose terrene non a caso è raggrinzita, abbrutita, artritica, tipica del vecchio, caratteristiche quasi assenti nella mano che scrive. Il continuum temporale così caro all’autore non è qui mostrato tranquillizzante come nello stucchevole scorcio di Venezia in San Marco.
Per San Matteo è quasi traumatico, è motivo di contrasto che si riflette nelle malformazioni fisiche di quella mano e nel corpo vecchio dell’evangelista.
La luce e il buio, la conversione e  la ricaduta, la stanchezza e la risalita: una condizione che accomuna S. Matteo al popolo di Dio, e di cui sembra farsi portavoce.
Il S. Matteo del D’Acunzo ci indica di seguire il Verbo comunque, anche se subiamo inesorabilmente il rischio delle ricadute.

"...L’impressione complessiva di questo quadro è di grande tensione e sforzo mentale, realizzata con colori decisi e contrastanti, con un netto stacco tra la luce e lo Scrittore, in un’armonia di tinte e colori dalle poche sfumature, ma dai morbidi accostamenti, che nel complesso crea una sensazione di pacata riflessione e pensosa, personale introspezione"
(dal commento di Antonio Rondinelli)
 

SAN GIOVANNI EVANGELISTA

La versione di San Giovanni del D’ACUNZO è, sotto alcuni aspetti, alquanto anticonvenzionale: viene rappresentato come un dolce “falconiere” nell’atto di scrivere il Vangelo, in piedi; il libro poggia su una scrivania spoglia, “ minimalista “, con l’utilizzo di un semplice cuscino, mentre la luce divina si fa largo tra le tenebre creando un vortice luminoso di forte impatto visivo.
L’aquila, simbolo dell’evangelista Giovanni, è funzionale alla scena: in docile posizione addomesticata dalla volontà del santo.
Sebbene sia ritratto con barba e capelli bianchi, in realtà non mostra evidenti segni di vecchiaia: anzi, la rappresentazione figurativa manca di rughe e ha mani energiche (basta paragonarle con le mani consumate di San Matteo per notare un netto contrasto), indizi di un certo vigore giovanile non sopito. L’apparente incongruenza è da leggersi in ottica metaforica, ricordando che san Giovanni è stato l’apostolo più giovane che  seguiva Gesù ma anche il più longevo degli Evangelisti.
E’ come se l’autore abbia voluto approdare a una forma di sperimentazione parzialmente diversa dagli altri ovali: nelle altre opere, il prima e il dopo sono sempre presenti, ma ben distinti (emblematico il caso di San Matteo); qui invece si è voluto fondere il prima e il dopo, il passato e il presente in un’unica figura ibrida, che non crea contrapposizioni riuscendo a far convivere vigore e saggezza.
In questa sorta di potente self control va letta la visione di un Giovanni “falconiere”: il rapace assunto a suo simbolo è domato per essere disponibile ai disegni di Dio e questo può essere visto, in definitiva, come la metafora di “ammaestrare se stessi nella fede”.
Sembra che l’apparente dubbio di San Matteo si sia qui dissolto e controllato dalla razionalità e dalla fede che rendono S. Giovanni una figura vigorosa e saggia.

"...L’impressione  provocata da quest’opera nell’osservatore è una presa di coscienza della propria miseria, limitazione e nullità, che induce ad una sensazione di sgomento e smarrimento, che si può trasformare in tensione di speranza, dirigendo lo sguardo  alla spirale del Vortice della Luce della Salvezza"
(dal commento di Antonio Rondinelli)

 

 

 

 

 

 

 

Il vescovo Mons. F. Nolè benedice
gli ovali durante la cerimonia del 28/12/08
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


San Marco
Evangelista (clicca per ingrandire)

 


San Marco (part.)

 

 


San Luca
Evangelista (clicca per ingrandire)

 


San Luca
Evangelista (part.)

 

 


San Matteo
Evangelista (clicca per ingrandire)

 


San Matteo
Evangelista (part.)

 

 


San Giovanni
Evangelista (clicca per ingrandire)

 


San Giovanni
Evangelista (part.)

 

 

* Foto realizzate dall'Arch. Pasquale Cassavia


 

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